Striscia di Gaza e genocidio, le misure provvisorie della corte dell’Aja

Occorreranno dei mesi per entrare nel merito del giudizio sul ricorso promosso dal Sudafrica contro lo Stato di Israele per le possibili violazioni della Convenzione internazionale sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio. Ma intanto la Corte internazionale di giustizia ha emesso un’ordinanza di misure provvisorie da rispettare
Corte internazionale di Giustizia ANSA EPA/REMKO DE WAAL

Il 26 gennaio scorso è stata pronunciata e pubblicata la tanto attesa ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia sulla concessione di misure provvisorie nel caso che vede contrapposte la Repubblica del Sud Africa allo Stato di Israele.

Come si ricordava in un precedente  articolo , il Sudafrica ha adito la Corte sostenendo la responsabilità di Israele per la violazione della Convenzione sul genocidio in relazione alle sue azioni intraprese a Gaza. Accuse che Israele ha respinto, chiedendo che la causa venisse archiviata.

Sebbene il merito del procedimento richieda anni prima della sua trattazione e conclusione con sentenza definitiva, la decisione su misure provvisorie può pervenire in breve tempo e in questo caso – vista anche la gravità della situazione – in meno di un mese rispetto alla presentazione della domanda.

Cos’ha deciso la Corte?
Nell’ordinanza del 26 gennaio 2024, la Corte ha ricostruito brevemente i fatti, ricordando l’attacco del 7 ottobre 2023 perpetrato dal gruppo di Hamas contro Israele con la presa di ostaggi e l’uccisione di persone, da cui è derivata un’operazione militare di Israele su larga scala a Gaza che ha comportato ingenti perdite umane, una vasta distruzione di infrastrutture civili e lo sfollamento della stragrande maggioranza della popolazione di Gaza.

Tutto ciò ha determinato una tragedia umana di grande portata nella regione che è stata oggetto di attenzione da parte di diversi Organi e Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite.

Per tale motivo, in parte accogliendo le richieste del Sud Africa, in parte disponendone altre d’ufficio ai sensi dell’art. 75, par. 2 del Regolamento interno, la Corte ha ordinato ad Israele:

1) in conformità con gli obblighi derivanti dalla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del genocidio del 1948, in particolare l’art. II, e in relazione ai palestinesi di Gaza, di “adottare tutte le misure in suo potere” per prevenire la commissione di atti vietati dalla Convenzione, in particolare omicidi, che causano gravi danni fisici o mentali, l’imposizione deliberata di condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica totale o parziale della popolazione e l’imposizione di misure intese a prevenire le nascite;

2) di garantire che le sue forze militari non commettano nessuno degli atti menzionati al punto precedente;

3) di adottare tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio;

4) di adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di aiuti umanitari a Gaza;

5) di adottare misure efficaci per impedire la distruzione delle prove relative alle accuse di atti contrari alla Convenzione sul genocidio;

6) di presentare un rapporto alla Corte entro un mese in merito alle misure adottate per dare attuazione all’ordinanza.

Si tratta di dispositivi decisi quasi all’unanimità dai giudici della Corte. Nello specifico, l’ordine 1, 2, 5 e 6 sono stati emessi mediante un voto di 15 giudici a favore e solamente 2 contrari (il giudice Sebutinde dell’Uganda e il giudice ad hoc Barak di Israele). Mentre gli ordini 3 e 4 sono stati sostenuti da tutti i giudici, eccetto il giudice Sebutinde dell’Uganda.

La Corte non ha ordinato il cessate il fuoco immediato, come aveva chiesto il Sud Africa. Questo perché, a differenza dell’ordinanza emessa nel caso Ucraina vs. Federazione Russa in cui la Corte aveva chiesto la sospensione immediata delle operazioni militari , in questo caso la Corte ha riconosciuto l’obbligo di Israele di proteggere la sua popolazione da Hamas entro i limiti stabiliti dal diritto internazionale.

Ciò non toglie che, come ha sottolineato la Corte nell’ordinanza, tutte le parti in conflitto nella Striscia di Gaza siano vincolate dal diritto internazionale umanitario e che Israele sia chiamato ad assicurare l’assistenza dei civili palestinesi e il godimento effettivo dei loro diritti fondamentali, come quello di ricevere i beni essenziali per la loro sopravvivenza. Sostenendo questo, i giudici della Corte – quasi all’unanimità – hanno avuto modo di manifestare un’altissima preoccupazione per il rischio di intento genocidiario da parte di Israele.

Come la Corte ha ritenuto assolte le condizioni per la concessione di misure provvisorie?
Nella decisione concernente la concessione di misure provvisorie, quindi, i giudici della Corte non si sono pronunciati nel merito della causa, ma hanno vagliato la presenza di elementi specifici che consentissero l’intimazione ad adottare iniziative d’urgenza. Infatti, le condizioni da assolvere per l’emissione di un provvedimento d’urgenza da parte della Corte sono: la sussistenza prima facie (a prima vista) della giurisdizione della Corte; l’esistenza di un nesso tra misure richieste e i diritti oggetto del caso; la plausibilità dei diritti rivendicati; la configurazione di un pregiudizio irreparabile all’integrità del procedimento in caso di mancata ordinanza di misure provvisorie; l’urgenza della questione.

Nell’ordinanza del 26 gennaio 2024 sono state rese note tutte le ragioni per cui la Corte considerava soddisfatte queste condizioni. Innanzitutto, la Corte ha ritenuto che il Sud Africa avesse legittimazione prima facie ad avviare il caso, in ragione del fatto che è parte della Convenzione sul genocidio tanto quanto Israele e considerato che nessuno dei due Stati ha formulato una riserva alla clausola compromissoria contenuta nell’art. IX della sopra menzionata Convenzione, che statuisce il deferimento alla Corte Internazionale di Giustizia delle controversie relative all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione della Convenzione.

La Corte, dunque, esaminando i fatti, ha constatato la sussistenza di una divergenza di opinioni da parte dei due Stati riguardo al fatto se alcuni atti o omissioni presumibilmente commessi da Israele a Gaza costituissero violazioni da parte di quest’ultimo dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio.

In questa prima fase, la Corte ha ritenuto sufficiente tale costatazione per affermare prima facie l’esistenza di una controversia fra le Parti sull’interpretazione, l’applicazione e l’esecuzione della Convenzione sul genocidio.

Circa la salvaguardia dei diritti rivendicati dalle parti in causa, in attesa di una decisione sul merito, la Corte si è interrogata sulla plausibilità delle misure provvisorie e sulla sussistenza di un legame tra i diritti di cui si è chiesta la tutela e le misure provvisorie richieste.

La Corte ha sostenuto che le Parti della Convenzione sul genocidio fossero tenute a prevenire e punire tale crimine, che i palestinesi apparissero come un gruppo nazionale distinto che andasse protetto ai sensi dell’art. II di tale Convenzione e che, come riportato da molti Direttori di Agenzie delle Nazioni Unite, la crisi umanitaria è sempre più drammatica e, ad essa, si accompagna l’utilizzo di un linguaggio disumanizzante da parte di alti funzionari del governo israeliano.

In questo modo, almeno alcuni diritti rivendicati dal Sud Africa sono stati ritenuti plausibili e le misure provvisorie sono state considerate come volte a preservare i diritti plausibili fatti valere sulla base della Convenzione su genocidio.

Considerati i valori fondamentali protetti dalla Convenzione sul genocidio, la Corte ha ritenuto che la salvaguardia dei diritti del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza fossero finalizzati a prevenire un pregiudizio irreparabile, in presenza di un rischio imminente che ne determina il carattere dell’urgenza.

Questo perché la popolazione palestinese è stata ritenuta estremamente vulnerabile, sulla base dei sommari elementi di prova raccolti e le dichiarazioni dei responsabili politici israeliani non fanno ben sperare in una fine imminente del conflitto.

Ragion per cui, è stata ritenuto sussistente il rischio reale e imminente di pregiudizio irreparabile ai diritti plausibili invocati dal Sud Africa e si è auspicato che alcune dichiarazioni di Israele circa l’impegno ad alleviare le condizioni di vita della popolazione di Gaza e la punizione da parte delle autorità israeliane di qualsiasi appello a danneggiare intenzionalmente i civili fossero da incoraggiare.

Passi futuri da compiere
Ai sensi dell’art. 41 dello Statuto della Corte, le ordinanze sulle misure provvisorie hanno un effetto vincolante e creano veri e propri obblighi giuridici internazionali per le parti a cui tali misure saranno rivolte. Tuttavia, l’esecuzione della decisione è rimessa alla volontà delle parti e, in via sussidiaria, spetta alla politica. Nel caso di specie, però, è stato già annunciato che l’Algeria presenterà una richiesta per la convocazione del Consiglio di Sicurezza Onu, al fine di attuare l’ordinanza della Corte.

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